Lavorare in Mongolia

Ero all’inizio del viaggio. Ero partito da solo un mese ma già mi sentivo lontano anni luce dalla mia città e soprattutto dalla persona che ero … Effettivamente ero in Mongolia, arrivato in autostop dalla Russia. Il vento della steppa, mischiato a quello della libertà assoluta, iniziava a farsi sentire!
La Mongolia … forse il paese che più desideravo visitare e che per la prima volta in vita mia, nell’agosto 2014, mi vedeva davvero fuori dalle rotte turistiche in totale solitudine… Me ne ero reso conti la prima sera ad Ulaan Bator, in un malmesso ed affollato ristorante di periferia dove, per la prima volta, non c’era nemmeno faccia occidentale intorno a me…
Ero uscito dal locale che era buio, avviandomi per le strade della capitale con una sicurezza ed energia che mai avevo provato … Era arrivata la prima scarica di libertà, quella che cancella ogni paura e che mi fu più chiara due giorni dopo…
Avevo conosciuto per strada un professore mongolo di nome Bolto, che, parlando un discreto inglese si era offerto di farmi fare un giro sul suo furgone in alcuni parchi nazionali a sud di Ulan Bator. Aveva una faccia simpatica e un fisico minuto, così avevo accettato l’offerta senza troppe titubanze.
La mattina dopo ci eravamo incontrati nella piazza centrale e avevamo iniziato il giro turistico. Passarono poche ore prima che il buon Bolto, dopo essere usciti dalla capitale ed esserci addentrati nel cuore di infinite praterie iniziasse a chiedermi soldi per continuare il giro … Soldi di cui non aveva minimamente accennato in precedenza. Ero all’inizio di un lungo viaggio ed il mio budget era molto limitato, ma soprattutto mi sentivo usato. Gli avevo già pagato la benzina e gli avevo preparato il pranzo al sacco… Non mi aspettavo che mi chiedesse altro!
Non riuscivo neanche a provare rancore nei suoi confronti ma gli chiesi immediatamente di farmi scendere dalla macchina, lì, nel cuore della steppa. Lui non ci credeva, pensando che fossi matto a farmi lasciare in mezzo al nulla…ma quando aveva capito che parlavo sul serio, iniziò a preoccuparsi per la mia incolumità, tanto da ritrattare il prezzo della gita. Nulla da fare!!! Qualcosa mi diceva di scendere…nel mezzo della prateria, circondato solo da colline verdeggianti e uccelli rapaci…Là dove il silenzio è davvero assordante.
La macchina di Bolto riparte, mentre io mi siedo sul ciglio della strada accanto allo zaino.
Passa a mala pena mezz’ora prima che arrivi una scatola metallica risalente alla seconda guerra mondiale. Una macchina dei nazisti, dove il contachilometri, scoprirò in seguito, segna 999.999km… Scende un anziano signore, mani callose e carnagione scura, scottata dal sole. E’ evidentemente un contadino. Estrae dalla tasca un telefono tipo nokia 33-10 e telefona alla figlia, che, parlando inglese a differenza sua, mi chiede di cosa abbia bisogno. Le dico che sto cercando un passaggio per rientrare a Ulan Bator. Lei però mi chiede se voglio andare con suo padre al campo nomadi tra le colline della steppa. Gli uomini sono impegnati a cercare un nuovo posto dove piantare le tende per l’inverno così al campo servirebbe un uomo che possa fare i lavori di “fatica”…
Accetto senza indugio!!!
Dopo un’ora di guida fuori strada sulla “macchina dei nazisti”, guadando fiumiciattoli ed evitando buche e macigni, raggiungiamo tre piccole Ger, le classiche tende mongole, piantate nel mezzo della prateria… Ci accolgono quarantatre yak e tre donne… Una dovrebbe avere la mia età. Nessuno parla inglese. Mi viene mostrato un letto dove posso srotolare il sacco a pelo e mi viene offerto del formaggio di Yak…
Il sole non è ancora tramontato quindi subito al lavoro. Le donne mungono gli yak mentre io, dopo aver allontanato i cuccioli, desiderosi di essere allattati, mi metto a raccogliere gli escrementi di queste giganti mucche pelose, elemento necessario per accendere il fuoco durante l’inverno in mancanza di legna…(non oso immaginare quanto sarà piacevole sedersi attorno al fuoco alimentato a cacca…!)
All’imbrunire ho raccolto almeno 20 chili di merda secca… E questo, era solo l’inizio della mia vita avventura da pastore in Mongolia….

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